La spiritualità clariana

“La forma di vita dell’Ordine delle Sorelle Povere, istituita dal beato Francesco, è questa: Osservare il santo Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo…” .

Con queste parole si apre la Regola composta da Chiara ed approvata da papa Innocenzo IV il 9 agosto 1253, pochi giorni prima della sua morte. Si coglie subito il sogno di Chiara e delle sue compagne: dare alla propria vita – personale e comunitaria – la forma del Vangelo del Signore, vivendo insieme come Sorelle, in santa unità e altissima povertà.

La fraternità clariana non avrà la tipica forma piramidale monastico-benedettina con un’Abbadessa a vita, ma sarà caratterizzata da una circolarità dove tutte le Sorelle, letterate e illetterate partecipano alla preghiera, dove il lavoro è in comune  e scambievole è  la successione negli uffici e nei compiti affidati, compreso quello di chi ha il governo della fraternità.

Chiara infine non si dice mai da sola: “ Ego Clara cum sororibus meis”, ma quando parla di se stessa, lo fa sempre a partire da una relazione. La vocazione clariana si può comprendere solo a partire da questa santa unità, da questa circolarità.

Accanto alla santa unità emerge l’altissima povertà: Altissima perché scelta dal Figlio dell’Altissimo, il Signore Gesù, fattosi povero per arricchire noi. Altissima perché non è intesa solo come povertà personale, ma anche comunitaria.

Chiara e le Sorelle scelgono di farsi povere in senso radicale ed esistenziale, attraverso il cambiamento del loro stato sociale, scendendo al gradino degli ultimi e degli emarginati, che vivevano del loro lavoro manuale e di elemosine, al contrario delle classi sociali elevate, che vivevano di rendita. La forma di vita delinea una esistenza priva di garanzie per il domani, fondata unicamente sulla fiducia lieta e coraggiosa nel Padre delle misericordie che avvolge del suo amore il semplice vissuto quotidiano.

Sentinella quanto resta della notte?

In questa notte dell’umanità,
in questa notte che alberga nel cuore dell’uomo,
io salgo, salgo in alto e guardo …
guardo nel buio e contemplo le stelle che mi annunciano
che un bel giorno ci attende.

Il ritmo ordinato della vita claustrale
ci fa già gustare la vita nuova per ogni uomo, l’armonia che manca in questa società
dove notte e giorno non sono più ordinate, dove il giorno è diventato buio.

Nella povertà delle giornate monastiche  tutto viene riportato alla sua bellezza originaria
dove il tempo è guidato dalla liturgia, dando voce al dialogo amoroso con lo Sposo;
“ O Dio Tu sei il mio Dio all’aurora ti cerco …”
Ed è mattino, è luce che chiediamo per ogni uomo…

Il Verbo si fa carne nell’Eucaristia che celebriamo dove tutto viene ricapitolato in Lui.
La vita diviene offerta quotidiana nell’unica offerta.
I passi veloci e leggeri della claustrale raggiungono il posto di lavoro
“ chi ha la grazia di lavorare, lavori”(S. Chiara)
a beneficio di tutti e partecipando delle condizioni dell’umanità.

Il suono della campana ci richiama all’unico essenziale…

Lasciamo e prendiamo quella Parola  raccogliendone ogni frammento per ogni creatura.
Un corpo donato che diventa corpo condiviso con l’altra
dandole vita con un sorriso, una carezza, un abbraccio…
“ non c’è amore più grande di chi da la vita per gli amici.”

E’ vita claustrale, vita monastica, vita fraterna.

Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose,
e la notte era a metà del suo corso
la tua parola onnipotente dal cielo,
dal tuo trono regale, si lanciò in mezzo a quella terra…
toccava il cielo e camminava sulla terra. “

E la notte è passata