“ Ed ecco, era cosa molto buona.” ( Gn 31)
Chiara, buona,davvero molto buona.
Sorella, sposa, madre nel cammino della Chiesa
sostenendone le membra deboli e vacillanti.
Un corpo donato, un’Eucaristia vissuta.
Il cammino di otto secoli che arriva a noi oggi,
donandoci quel profumo delle prime ore …
“era cosa molto buona”, molto bella, bellissima.Accostiamoci a lei, ai suoi scritti, aprendo quello scrigno
per trarne insegnamenti antichi e nuovi.
Chiara … “cristiana”, così come la vedeva
e chiamava il Serafico Padre Francesco.Uno specchio di cristiana per i cristiani,
uno specchio di madre, sorella e serva per noi clarisse.Chiara, un Vangelo schiuso e vissuto a San Damiano …
un Vangelo vissuto a Nardò dal 1256,
continuando fino ad oggi la stessa Parabola evangelica.
Nel nome del Signore. Amen.
Tra gli altri doni, che ricevemmo e ogni giorno riceviamo dal nostro Donatore, il Padre delle misericordie, per i quali dobbiamo maggiormente rendere grazie allo stesso glorioso Padre, c’è la nostra vocazione: e quanto più è grande e perfetta, tanto più a lui siamo obbligate. Perciò l’Apostolo dice: «Conosci la tua vocazione».
Per noi il Figlio di Dio si è fatto via, che ci mostrò e insegnò con la parola e con l’esempio il beatissimo padre nostro Francesco, di lui vero amante e imitatore.
Dobbiamo quindi considerare, sorelle dilette, gli immensi doni di Dio a noi elargiti, ma, tra gli altri, quelli che Dio si è degnato di operare in noi per mezzo del suo servo diletto, il beato Francesco nostro padre, non solo dopo la nostra conversione, ma anche quando eravamo nella misera vanità del mondo.
Quando lo stesso santo, infatti, che non aveva ancora né fratelli né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, mentre edificava la chiesa di San Damiano, totalmente visitato dalla consolazione divina, fu spinto fortemente ad abbandonare del tutto il mondo, per gran letizia e per l’illuminazione dello Spirito Santo profetò a nostro riguardo quello che poi il Signore adempì.
Salendo infatti in quel tempo sul muro di detta chiesa, a certi poveri che si trovavano lì appresso diceva a voce spiegata e in lingua francese: «Venite e aiutatemi nell’opera del monastero di San Damiano, perché qui tra poco ci saranno delle signore: nella loro esistenza degna di fama e del loro santo tenore di vita sarà glorificato il Padre nostro celeste in tutta la sua santa Chiesa».
In questo possiamo dunque considerare la copiosa benevolenza di Dio verso di noi: per la sua sovrabbondante misericordia e carità, per mezzo del suo santo si è degnato di parlare così della nostra vocazione ed elezione. E non solo di noi il beatissimo nostro padre Francesco profetizzò queste cose, ma anche delle altre che sarebbero venute nella santa vocazione, nella quale il Signore ci chiamò.
Con quanta sollecitudine e con quanta applicazione di mente e di corpo dobbiamo dunque custodire i comandamenti di Dio e del nostro padre, per restituire con la cooperazione del Signore il talento moltiplicato!
Il Signore stesso infatti ci collocò come forma, in esempio e specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, che il Signore chiamerà alla nostra vocazione, affinché esse pure siano specchio ed esempio a quanti vivono nel mondo.
Avendoci dunque chiamate il Signore a cose tanto grandi, che in noi si possano specchiare quelle che sono esempio e specchio per gli altri, siamo tenute a benedire molto e a lodare Dio, e a fortificarci ancor più a operare il bene nel Signore. Perciò, se avremo vissuto secondo la suddetta forma, lasceremo agli altri un nobile esempio e con una fatica di brevissima durata ci guadagneremo il premio della beatitudine eterna.
Dopo che l’altissimo Padre celeste, per sua misericordia e grazia, si degnò di illuminare il mio cuore perché, per l’esempio e l’insegnamento del beatissimo padre nostro Francesco, facessi penitenza, poco dopo la sua conversione, unita alle poche sorelle che il Signore mi aveva donato poco dopo la mia conversione, volontariamente gli promisi obbedienza, così come il Signore aveva riversato in noi la luce della sua grazia attraverso la sua vita mirabile e il suo insegnamento.
Poi Francesco, osservando attentamente che, pur essendo deboli e fragili nel corpo, non ricusavamo nessuna indigenza, povertà, fatica, tribolazione, o ignominia e disprezzo del mondo, anzi, al contrario, li ritenevamo grandi delizie sull’esempio dei santi e dei suoi fratelli, avendoci esaminato frequentemente, molto se ne rallegrò nel Signore.
E mosso ad affetto verso di noi, si obbligò verso di noi, per sé e per la sua Religione, ad avere sempre diligente cura e speciale sollecitudine di noi come dei suoi fratelli.
E così, per volontà di Dio e del beatissimo padre nostro Francesco, andammo ad abitare accanto alla chiesa di San Damiano, dove il Signore per sua misericordia e grazia in breve tempo ci moltiplicò, affinché si adempisse quanto il Signore aveva predetto attraverso il suo santo; infatti, prima eravamo state, ma solo per poco, in un altro luogo.
In seguito scrisse per noi una forma di vita e soprattutto che perseverassimo sempre nella santa povertà.
Finché visse non si accontentò di esortarci con molti discorsi e con gli esempi all’amore e all’osservanza della santissima povertà, ma ci consegnò molti scritti, affinché dopo la sua morte non ci allontanassimo in nessun modo da essa; come anche il Figlio di Dio, finché visse nel mondo, non volle mai allontanarsi dalla stessa santa povertà.
E il beatissimo padre nostro Francesco, imitando le sue orme, finché visse, con il suo esempio e insegnamento non si allontanò in nessun modo dalla santa povertà di lui, che scelse per sé e per i suoi fratelli.
Così io, Chiara, ancella di Cristo e delle sorelle povere del monastero di San Damiano, benché indegna, e pianticella del padre santo, considerando con le altre mie sorelle la nostra altissima professione e il comandamento di un padre tanto grande, e anche la fragilità delle altre, che temevamo in noi stesse dopo la morte del santo padre nostro Francesco — che era nostra colonna e nostra unica consolazione dopo Dio e sostegno –, più e più volte volontariamente ci obbligammo alla signora nostra, la santissima povertà, affinché dopo la mia morte le sorelle presenti e quelle che verranno abbiano la forza di non allontanarsi in nessun modo da essa.
E come io fui sempre diligente e sollecita nell’osservare, e nel fare osservare dalle altre la santa povertà, che promettemmo al Signore e al beato Francesco nostro padre, così quelle che mi succederanno nell’ufficio siano tenute fino alla fine a osservare e a far osservare dalle altre, con l’aiuto di Dio, la santa povertà.
Anzi, per una maggiore precauzione, fui sollecita di far rafforzare la nostra professione della santissima povertà, che promettemmo al Signore e al nostro beato padre, dal signor papa Innocenzo, al tempo del quale cominciammo, e dagli altri suoi successori con i loro privilegi, affinché in qualche tempo non ci accada di allontanarci in alcun modo da essa.
Perciò, inginocchiata e prostrata interiormente ed esteriormente, raccomando tutte le mie sorelle che sono e che verranno alla santa madre Chiesa romana, al sommo pontefice, e specialmente al signor cardinale che sarà assegnato alla Religione dei frati minori e a noi, affinché per amore di quel Dio che povero fu posto nella mangiatoia, povero visse nel mondo e nudo rimase sul patibolo, al suo piccolo gregge, che il Signore e Padre generò nella sua santa Chiesa con la parola e l’esempio del beatissimo padre nostro Francesco, per seguire la povertà e l’umiltà del suo Figlio diletto e della gloriosa vergine sua Madre, faccia sempre osservare la santa povertà che promettemmo al Signore e al beatissimo padre nostro Francesco, e si degni di sostenerle sempre e di conservarle in essa.
E come il Signore ci donò il beatissimo padre nostro Francesco come fondatore, piantatore e cooperatore nostro nel servizio di Cristo e in quanto promettemmo al Signore e al beato nostro padre, il quale inoltre, finché visse, con la parola e con l’opera fu sempre sollecito di coltivare e nutrire noi, sua pianticella; così raccomando e affido le mie sorelle presenti e quelle che verranno al successore del beatissimo padre nostro Francesco e a tutta la Religione, affinché ci siano di aiuto a progredire sempre in meglio nel servizio di Dio e specialmente nell’osservare meglio la santissima povertà.
Se poi in qualche tempo dovesse accadere che le dette sorelle abbandonino questo luogo e si trasferiscano in un altro, ovunque saranno dopo la mia morte, siano nondimeno tenute a osservare la predetta forma di povertà, che promettemmo al Signore e al beatissimo padre nostro Francesco.
Colei che avrà l’ufficio, insieme con le altre sorelle, sia però sollecita e usi la precauzione di non acquistare né ricevere terreno attorno al sopraddetto luogo, se non quanto richiede l’estrema necessità di un orto per coltivare gli erbaggi. Se poi, per l’onestà e l’isolamento del monastero, è necessario avere da qualche parte un po’ più di terreno fuori del recinto dell’orto, non permettano d’acquistare, né ricevano, se non quanto richiede l’estrema necessità e quel terreno non si coltivi, né si semini, ma rimanga sempre sodo e incolto.
Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, che sono e che verranno, che si studino sempre di imitare la via della santa semplicità, dell’umiltà e della povertà, e anche l’onestà del loro santo tenore di vita, come dall’inizio della nostra conversione fummo ammaestrate da Cristo e dal beatissimo padre nostro Francesco.
A motivo di ciò lo stesso Padre delle misericordie, non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e grazia del donatore, effuse il profumo della buona fama su quelli che sono lontani, come sui vicini.
E amandovi a vicenda nella carità di Cristo, dimostrate al di fuori con le opere l’amore che avete nell’intimo, in modo che, provocate da questo esempio, le sorelle crescano sempre nell’amore di Dio e nella mutua carità.
Ancora prego colei che avrà l’ufficio delle sorelle, che si studi di presiedere alle altre per virtù e santi costumi, più che per l’ufficio, affinché le sue sorelle, provocate dal suo esempio, le obbediscano, non tanto per l’ufficio, ma piuttosto per amore. Sia anche provvida e discreta verso le sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie; e specialmente si studi di provvedere loro secondo le necessità di ciascuna con le elemosine che il Signore donerà. Sia ancora tanto affabile e alla mano, che possano manifestare con sicurezza le loro necessità e ricorrere a lei in qualunque momento con confidenza, come sembrerà loro opportuno, tanto per sé quanto a favore delle sorelle.
Inoltre le sorelle che sono suddite, si ricordino che per Dio rinunciarono alla propria volontà. Perciò voglio che obbediscano alla loro madre, come spontaneamente promisero al Signore; affinché la loro madre, vedendo la carità, l’umiltà e l’unità che hanno tra di loro, porti con più facilità ogni peso che sostiene per l’ufficio e, per il loro santo tenore di vita, ciò che è molesto e amaro si converta per lei in dolcezza.
E poiché stretta è la via e il sentiero, e angusta la porta per la quale si va e si entra nella vita e sono pochi quelli che vi camminano ed entrano per essa; e se vi sono alcuni che per un certo tempo vi camminano, sono pochissimi quelli che perseverano in essa. Beati davvero quelli ai quali è dato di camminare in essa e di perseverare fino alla fine!
Se siamo entrate nella via del Signore, vigiliamo dunque di non allontanarci mai in nessun modo da essa, per nostra colpa o ignoranza, per non recare offesa a così grande Signore, alla Vergine sua madre, al padre nostro beato Francesco, alla Chiesa trionfante e anche militante. Sta scritto, infatti: Maledetti quelli che si allontanano dai tuoi comandamenti.
A questo fine, piego le mie ginocchia davanti al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, affinché, con il soccorso dei meriti della gloriosa vergine santa Maria, sua Madre, del beatissimo padre nostro Francesco e di tutti i santi, lo stesso Signore, che ci ha donato un buon inizio, doni l’incremento, dia anche la perseveranza finale. Amen.
Questo scritto, affinché sia meglio osservato, lascio a voi, carissime e dilette sorelle mie, presenti e future, in segno della benedizione del Signore, del beatissimo padre nostro Francesco e della benedizione mia, che sono madre e ancella vostra.
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Il Signore vi benedica e vi custodisca.
Mostri a voi la sua faccia e abbia misericordia di voi.
Volga il suo volto verso di voi e dia pace a voi, sorelle e figlie mie, e a tutte le altre che verranno e rimarranno in questa nostra comunità e a tutte quelle, sia presenti che future, che persevereranno sino alla fine in tutti gli altri monasteri di signore povere.
Io, Chiara, ancella di Cristo, pianticella del beatissimo padre nostro san Francesco, sorella e madre vostra e delle altre sorelle povere, benché indegna, prego il Signore nostro Gesù Cristo, per sua misericordia e per l’intercessione della sua santissima madre santa Maria, del beato arcangelo Michele e di tutti i santi angeli di Dio, del beato Francesco nostro padre e di tutti i santi e le sante, affinché lo stesso Padre celeste vi doni e vi confermi questa sua santissima benedizione in cielo e in terra: in terra, moltiplicandovi in grazia e nelle sue virtù, tra i suoi servi e le sue ancelle nella sua Chiesa militante; e in cielo, esaltandovi e glorificandovi nella Chiesa trionfante fra i suoi santi e sante.
Vi benedico in vita mia e dopo la mia morte, come posso e più di quanto posso, con tutte le benedizioni con le quali il Padre delle misericordie benedisse e benedirà in cielo e in terra i figli e le figlie, e con le quali un padre e una madre spirituale benedisse e benedirà i suoi figli e le sue figlie spirituali. Amen.
Siate sempre amanti di Dio, delle vostre anime e di tutte le vostre sorelle, e siate sempre sollecite di osservare quanto avete promesso al Signore.
Il Signore sia con voi sempre, e ora voi siate sempre con lui. Amen.
Alla venerabile e santissima vergine signora Agnese, figlia dell’eccellentissimo e illustrissimo re di Boemia, Chiara, indegna serva di Gesù Cristo e ancella inutile delle signore rinchiuse del monastero di San Damiano di Assisi, sua suddita in tutto e ancella, si raccomanda in ogni modo con riverenza speciale e augura di ottenere la gloria della felicità eterna.
All’udire la fama onorevolissima della vostra santa condotta di vita, fama che non è giunta solo a me, ma si è sparsa in modo straordinario nel mondo intero, gioisco grandemente nel Signore ed esulto; e di ciò non debbo esultare io sola, ma tutti coloro che servono o desiderano servire Gesù Cristo.
Il motivo è questo: mentre avreste potuto più di chiunque altro godere dei fasti, degli onori e del prestigio del mondo, potendo con gloria meravigliosa andare legittimamente in sposa all’illustre imperatore, come sarebbe stato conveniente alla vostra e sua eccelsa condizione, rigettando tutto ciò avete scelto piuttosto, con tutto l’animo e l’affetto del cuore, la santissima povertà e la penuria corporale, prendendo uno sposo di stirpe più nobile, il Signore Gesù Cristo, che custodirà la vostra verginità sempre immacolata e intatta.
Amandolo siete casta, toccandolo sarete più pura, lasciandovi possedere da lui siete vergine; la sua potenza è più forte, la sua nobiltà più elevata, il suo aspetto più bello, l’amore più soave e ogni favore più fine. Ormai siete stretta nell’abbraccio di lui, che ha ornato il vostro petto di pietre preziose e ha messo alle vostre orecchie inestimabili perle, e tutta vi ha avvolta di primaverili e scintillanti gemme e vi ha incoronata con una corona d’oro, incisa con il segno della santità.
Perciò, sorella carissima, o meglio, signora degna di ogni venerazione, poiché siete sposa e madre e sorella del Signore mio Gesù Cristo, insignita con grande splendore del vessillo„ della verginità inviolabile e della povertà santissima, rafforzatevi nel santo servizio del Crocifisso povero, che avete intrapreso con ardente desiderio; egli per noi tutti sostenne il supplizio della croce, strappandoci dal potere del principe delle tenebre, da cui eravamo tenuti incatenati per la trasgressione del nostro progenitore, e riconciliandoci con Dio Padre.
O beata povertà, che procura ricchezze eterne a chi l’ama e l’abbraccia!
O santa povertà: a chi la possiede e la desidera è promesso da Dio il regno dei cieli ed è senza dubbio concessa gloria eterna e vita beata!
O pia povertà, che il Signore Gesù Cristo, in cui potere erano e sono il cielo e la terra, il quale disse e tutto fu creato, si degnò più di ogni altro di abbracciare! Disse egli infatti: Le volpi hanno le tane e gli uccelli del cielo i nidi, mentre il Figlio dell’uomo, cioè Cristo, non ha dove posare il capo, ma chinato il capo rese lo spirito.
Se dunque tanto grande e tale Signore quando venne nel grembo verginale volle apparire nel mondo disprezzato, bisognoso e povero, perché gli uomini, che erano poverissimi e bisognosi e soffrivano l’eccessiva mancanza di nutrimento celeste, fossero resi in lui ricchi con il possesso del regno celeste, esultate grandemente e gioite ricolma di immenso gaudio e letizia spirituale; poiché avendo voi preferito il disprezzo del mondo agli onori, la povertà alle ricchezze temporali e nascondere i tesori in cielo più che in terra, là dove né la ruggine consuma, né il tarlo distrugge, né i ladri rovistano e rubano, abbondantissima è la vostra ricompensa nei cieli; con ciò a ragione avete meritato di essere chiamata sorella, sposa e madre del Figlio dell’altissimo Padre e della gloriosa Vergine.
Voi sapete — lo credo fermamente — che il regno dei cieli è promesso e donato dal Signore solo ai poveri, perché quando si amano le realtà temporali, si perde il frutto della carità e che non si può servire a Dio e a mammona, poiché o si ama l’uno e si odia l’altro, o si serve l’uno e si disprezza l’altro; sapete pure che un uomo vestito non può lottare con uno nudo, perché più presto è gettato a terra chi ha dove essere afferrato e che non si può stare con gloria nel mondo e regnare lassù con Cristo. E poiché potrà prima passare un cammello per la cruna di un ago che un ricco salire al regno celeste, avete gettato via le vesti, cioè le ricchezze temporali, per non soccombere in nulla all’avversario nella lotta ed entrare per la via stretta e la porta angusta nel regno dei cieli.
Grande davvero e lodevole scambio: lasciare i beni temporali per quelli eterni, meritare i celesti al posto dei terreni, ricevere il cento per uno e possedere la vita beata senza fine.
Perciò ho ritenuto di supplicare l’eccellenza e santità vostra, per quanto posso, con umili preghiere nelle viscere di Cristo, perché vogliate rafforzarvi nel suo santo servizio, crescendo di bene in meglio, di virtù in virtù, affinché colui che servite con tutto il desiderio dello spirito si degni di elargirvi la ricompensa bramata.
Vi prego anche nel Signore, come posso, di tener presenti, nelle vostre santissime orazioni, me vostra serva sebbene inutile e tutte le altre sorelle, a voi devote, che dimorano con me nel monastero: con il loro soccorso possiamo meritare la misericordia di Gesù Cristo, per godere insieme con voi dell’eterna visione. State bene nel Signore e pregate per me.
Alla figlia del Re dei re, ancella del Signore dei signori, degnissima sposa di Gesù Cristo e perciò regina nobilissima, signora Agnese, Chiara, ancella inutile e indegna delle signore povere, invia il suo saluto e l’augurio di vivere sempre in somma povertà.
Rendo grazie al donatore della grazia, dal quale, come crediamo, scaturisce ogni bene sommo e ogni dono perfetto, perché ti ha ornata di così numerosi titoli di virtù e ti ha decorata con le insegne di una così grande perfezione che, resa amorosa imitatrice del Padre perfetto, meriti di divenire a tua volta perfetta, così che i suoi occhi non vedano in te nulla di imperfetto.
Questa è la perfezione per la quale il Re stesso ti unirà a sé nell’etereo talamo, dove siede glorioso su un trono di stelle: poiché tu, stimando vili le grandezze del regno terreno e sdegnando le offerte di nozze imperiali, divenuta emula della santissima povertà in spirito di grande umiltà e ardentissima carità, hai ricalcato le orme di colui al quale meritasti di essere unita in sposa.
Sapendoti però carica di virtù, non voglio caricarti di parole superflue e perciò evito la prolissità, sebbene nulla ti sembrerebbe superfluo in parole da cui potrebbe venirti qualche consolazione. Ma poiché una sola è la cosa necessaria, di questa sola ti scongiuro per amore di colui a cui ti sei offerta come vittima santa e gradita: memore del tuo proposito, come una seconda Rachele sempre vedendo il tuo principio, ciò che hai ottenuto tienilo stretto, ciò che stai facendo fallo e non lasciarlo, ma con corsa veloce, passo leggero, senza inciampi ai piedi, così che i tuoi passi nemmeno raccolgano la polvere, sicura, nel gaudio e alacre avanza cautamente sul sentiero della beatitudine, a nessuno credendo, a nessuno acconsentendo che volesse richiamarti indietro da questo proposito, che ti ponesse un ostacolo sulla via, per impedirti di rendere all’Altissimo i tuoi voti in quella perfezione alla quale ti chiamò lo Spirito del Signore. Riguardo a questo, perché tu possa percorrere più sicura la via dei comandamenti del Signore, segui il consiglio del nostro venerabile padre, il nostro fratello Elia ministro generale e anteponilo ai consigli di chiunque altro, stimandolo per te più caro di ogni dono. E se qualcun altro ti dicesse o altro ti suggerisse che sia di impedimento alla tua perfezione, che sembri contrario alla vocazione divina, pur dovendolo rispettare, non seguire il suo consiglio, ma abbraccia, vergine povera, Cristo povero.
Vedi che egli si è fatto per te spregevole e seguilo, fatta per lui spregevole in questo mondo. Guarda, o regina nobilissima, il tuo sposo, il più bello tra i figli degli uomini, divenuto per la tua salvezza il più vile degli uomini, disprezzato, percosso e in tutto il corpo più volte flagellato, morente tra le angosce stesse della croce: guardalo, consideralo, contemplalo, desiderando di imitarlo.
Se con lui patirai, con lui regnerai, soffrendo con lui, con lui godrai, morendo con lui sulla croce della tribolazione, possederai con lui le eteree dimore negli splendori dei santi e il tuo nome sarà annotato nel libro della vita e diverrà glorioso tra gli uomini. Per questo in eterno e nei secoli dei secoli acquisterai la gloria del regno celeste in cambio delle cose terrene e transitorie, i beni eterni al posto dei perituri e vivrai nei secoli dei secoli.
Sta’ bene, carissima sorella e signora per merito del Signore tuo sposo; e abbi cura di raccomandare al Signore nelle tue devote orazioni me e le mie sorelle, noi che godiamo per i beni che il Signore opera in te con la sua grazia. Raccomandaci insistentemente anche alle tue sorelle.
Alla signora in Cristo veneratissima e degna di amore più di tutti i mortali, sorella Agnese, germana dell’illustre re di Boemia, ma ormai sorella e sposa del sommo Re dei cieli, Chiara, umilissima e indegna ancella di Cristo e serva delle signore povere, augura il gaudio della salvezza nell’autore della salvezza e quanto di meglio si possa desiderare.
Alle notizie della tua salute, della tua felice condizione e dei prosperi progressi, dai quali ti so piena di vigore nella corsa intrapresa per ottenere il premio celeste, sono ripiena di così grande gioia e respiro di esultanza nel Signore, quanto posso fermamente constatare che tu supplisci in modo meraviglioso a ciò che manca, in me e nelle mie sorelle, nella sequela delle orme di Gesù Cristo povero e umile.
Davvero posso gioire e nessuno potrebbe strapparmi da così grande gioia, poiché ho ottenuto ormai ciò che ho bramato sotto il cielo: ti vedo infatti soppiantare in modo terribile e impensato le astuzie dello scaltro nemico, la superbia che è rovina dell’umana natura e la vanità che infatua i cuori degli uomini, sostenuta, per così dire, da una mirabile prerogativa di sapienza della bocca di Dio stesso; e ti vedo abbracciare con l’umiltà, la forza della fede e le braccia della povertà il tesoro incomparabile, nascosto nel campo del mondo e dei cuori umani, con il quale si compra colui che dal nulla fece tutte le cose; e, per usare propriamente le parole dell’Apostolo, ti considero collaboratrice di Dio stesso e colei che rialza le membra cadenti del suo corpo ineffabile.
Chi allora potrebbe impedirmi di gioire per così numerosi e mirabili motivi di gioia? Gioisci dunque anche tu nel Signore sempre, carissima, e non ti avvolga nebbia di amarezza, o signora in Cristo amatissima, gioia degli angeli e corona delle sorelle.
Poni la tua mente nello specchio dell’eternità, poni la tua anima nello splendore della gloria, poni il tuo cuore nella figura della divina sostanza e trasformati tutta, attraverso la contemplazione, nell’immagine della sua divinità, per sentire anche tu ciò che sentono gli amici gustando la dolcezza nascosta che Dio stesso fin dall’inizio ha riservato ai suoi amanti. E lasciate completamente da parte tutte quelle cose che in questo fallace mondo inquieto prendono ai lacci i loro ciechi amanti, ama con tutta te stessa colui che tutto si è donato per amore tuo, la cui bellezza ammirano il sole e la luna, le cui ricompense sono di preziosità e grandezza senza fine: parlo del figlio dell’Altissimo, che la Vergine partorì e dopo il cui parto rimase vergine. Stringiti alla sua dolcissima Madre, che generò un figlio tale che i cieli non potevano contenere, eppure lei lo raccolse nel piccolo chiostro del suo sacro seno e lo portò nel suo grembo di ragazza.
Chi non avrebbe in orrore le insidie del nemico dell’uomo, che attraverso il fasto di beni momentanei e glorie fallaci tenta di ridurre a nulla ciò che è più grande del cielo?
Ecco, è ormai chiaro che per la grazia di Dio la più degna tra le creature, l’anima dell’uomo fedele, è più grande del cielo, poiché i cieli con tutte le altre creature non possono contenere il Creatore, mentre la sola anima fedele è sua dimora e sede, e ciò soltanto grazie alla carità di cui gli empi sono privi, come afferma la Verità stessa: Chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò, e verremo a lui e faremo dimora presso di lui.
Come dunque la gloriosa Vergine delle vergini lo portò materialmente, così anche tu, seguendo le sue orme, specialmente quelle di umiltà e povertà, senza alcun dubbio lo puoi sempre portare spiritualmente nel tuo corpo casto e verginale, contenendo colui dal quale tu e tutte le cose sono contenute, possedendo ciò che si possiede più saldamente rispetto agli altri possessi transitori di questo mondo.
In ciò a volte si ingannano re e regine di questo mondo: anche se la loro superbia s’innalzasse fino al cielo e il loro capo toccasse le nubi, alla fine sono ridotti come sterco.
Riguardo poi a ciò su cui mi hai chiesto un parere, quali cioè siano le feste che il gloriosissimo padre nostro san Francesco ci avrebbe esortato a celebrare in modo speciale con maggiore varietà di cibi — se ho ben capito il tuo pensiero — ho ritenuto di rispondere così alla tua carità. Sappia la tua prudenza che tranne le deboli e le inferme, verso le quali egli ci ammonì e comandò di avere ogni possibile discrezione con qualsiasi genere di cibi, nessuna di noi, che sia sana e robusta, dovrebbe mangiare cibi non quaresimali, sia nei giorni feriali che nei festivi, digiunando ogni giorno eccettuate le domeniche e il Natale del Signore, nei quali giorni dovremmo prendere cibo due volte; e così anche nei giovedì dei tempi non penitenziali, il digiuno è lasciato alla volontà di ciascuna, in modo che chi non voglia non sia tenuta a digiunare.
Noi che siamo sane, tuttavia, digiuniamo ogni giorno tranne le domeniche e il Natale. E nemmeno siamo tenute a digiunare in ogni pasqua e nelle festività di santa Maria e dei santi apostoli, come dice lo scritto del beato Francesco, a meno che tali feste cadano di venerdì; tenuto presente, come detto sopra, che noi, sane e robuste, ci nutriamo sempre di cibi quaresimali.
Siccome però la nostra carne non è carne di bronzo, né la nostra forza è la forza della pietra, anzi siamo fragili e inclini a ogni debolezza corporale, ti prego vivamente nel Signore, carissima, di ritrarti con saggia discrezione da quell’esagerato e impossibile rigore di astinenza, che ho saputo tu hai intrapreso, affinché vivendo con la tua vita dia lode al Signore, tu gli renda un culto ragionevole e il tuo sacrificio sia sempre condito con il sale.
Sta’ sempre bene nel Signore, come lo desidero per me, e raccomanda sia me che le mie sorelle alle tue sorelle consacrate.
Alla metà della sua anima e scrigno prezioso colmo di intimo amore, illustre regina, sposa dell’Agnello Re eterno, signora Agnese, madre sua carissima e figlia tra tutte le altre speciale, Chiara, indegna serva di Cristo e ancella inutile delle sue ancelle dimoranti nel monastero di San Damiano di Assisi, invia il suo saluto e l’augurio di cantare il cantico nuovo con gli altri santissimi vergini davanti al trono di Dio e dell’Agnello e di seguire l’Agnello dovunque vada.
O madre e figlia, sposa del Re di tutti i secoli, non meravigliarti se non ti ho scritto di frequente come la tua anima al pari della mia desidera ardentemente, e non credere affatto che l’incendio della carità verso di te arda meno soavemente nelle viscere della madre tua. Questo è il fatto: hanno impedito la nostra corrispondenza la mancanza di messaggeri e i ben noti pericoli delle strade. Ora invece che posso scriverti, gioisco con la tua carità ed esulto con te nel gaudio dello spirito, o sposa di Cristo, poiché, disprezzate tutte le vanità di questo mondo, come l’altra santissima vergine santa Agnese ti sei mirabilmente sposata all’Agnello immacolato, che porta su di sé i peccati del mondo.
Felice certamente colei a cui è dato godere di questo sacro connubio, per aderire con il più profondo del cuore a colui la cui bellezza ammirano incessantemente tutte le beate schiere dei cieli, il cui affetto appassiona, la cui contemplazione ristora, la cui benignità sazia, la cui soavità ricolma, il cui ricordo risplende soavemente, al cui profumo i morti torneranno in vita e la cui visione gloriosa renderà beati tutti i cittadini della celeste Gerusalemme.
E poiché egli è splendore della gloria, candore della luce eterna e specchio senza macchia, guarda ogni giorno questo specchio, o regina sposa di Gesù Cristo, e in esso scruta continuamente il tuo volto, perché tu possa così adornarti tutta all’interno e all’esterno, vestita e avvolta di variopinti ornamenti, ornata insieme con i fiori e le vesti di tutte le virtù, come conviene a figlia e sposa amatissima del sommo Re.
In questo specchio rifulgono la beata povertà, la santa umiltà e l’ineffabile carità, come potrai contemplare, per grazia di Dio, su tutto lo specchio.
Guarda con attenzione — dico — il principio di questo specchio, la povertà di colui che è posto in una mangiatoia e avvolto in pannicelli. O mirabile umiltà, o povertà che dà stupore! Il Re degli angeli, il Signore del cielo e della terra è reclinato in una mangiatoia. Nel mezzo dello specchio poi considera l’umiltà santa, la beata povertà, le fatiche e le pene senza numero che egli sostenne per la redenzione del genere umano. Alla fine dello stesso specchio contempla l’ineffabile carità, per la quale volle patire sull’albero della croce e su di esso morire della morte più vergognosa. Perciò lo stesso specchio, posto sul legno della croce, ammoniva i passanti a riflettere su queste cose, dicendo: O voi tutti che passate per via, fermatevi e guardate se c’è un dolore simile al mio dolore; rispondiamo con una sola voce, con un solo spirito, a lui che grida e si lamenta: Sempre l’avrò nella memoria e si struggerà in me l’anima mia.
Lasciati dunque accendere sempre più fortemente da questo ardore di carità, o regina del Re celeste!
Contemplando ancora le indicibili sue delizie, ricchezze e onori eterni e sospirando per l’eccessivo desiderio e amore del cuore, grida: Attirami dietro a te, correremo al profumo dei tuoi unguenti, o sposo celeste! Correrò e non verrò meno, finché tu mi introduca nella cella del vino, finché la tua sinistra sia sotto il mio capo e la destra felicemente mi abbracci e tu mi baci con il felicissimo bacio della tua bocca.
Stando in questa contemplazione, ricordati della tua madre poverella, sapendo che io ho inciso inseparabilmente il tuo felice ricordo sulle tavole del mio cuore, perché ti considero la più cara fra tutte.
Che cosa aggiungere? Nel dire l’amore che ho per te taccia la lingua di carne e parli la lingua dello spirito. O figlia benedetta, poiché l’amore che ti porto in nessun modo potrebbe esprimerlo più pienamente la lingua di carne, ti prego di accogliere con benevola devozione ciò che ti ho scritto in modo incompiuto, cercando di cogliervi almeno l’affetto materno, che provo ogni giorno in ardore di carità verso di te e le tue figlie: ad esse raccomanda assai in Cristo me e le mie figlie.
A loro volta queste mie figlie, ma in particolare la vergine prudentissima Agnese, sorella nostra, si raccomandano nel Signore quanto possono a te e alle tue figlie.
Sta’ bene, figlia carissima, insieme alle tue figlie fino al trono di gloria del grande Dio e pregate per noi.
Con la presente raccomando, per quanto posso, alla tua carità i latori di questa lettera, i nostri carissimi frate Amato, caro a Dio e agli uomini, e frate Bonagura. Amen.
Alla sorella carissima Ermentrude, Chiara di Assisi, umile ancella di Gesù Cristo, augura salute e pace.
Ho saputo che tu, o carissima sorella, con il sostegno della grazia di Dio sei felicemente sfuggita al fango del mondo: per questo gioisco e mi congratulo con te e ancora gioisco perché percorri strenuamente con le tue figlie i sentieri della virtù.
Sii fedele fino alla morte, o carissima, a colui al quale ti sei promessa e da lui stesso sarai coronata con la corona della vita. Breve è qui la nostra fatica, ma la ricompensa è eterna; non ti confondano gli strepiti del mondo che fugge come ombra; non ti facciano uscire di senno i vuoti spettri del secolo fallace; tura gli orecchi ai sibili dell’inferno e da forte infrangi i suoi assalti; sopporta volentieri i mali avversi e i beni prosperi non ti esaltino: questi infatti richiedono la fede e quelli la esigono.
Rendi fedelmente a Dio ciò di cui hai fatto voto ed egli ti ricompenserà. O carissima, guarda il cielo poiché ci invita; prendi la croce e segui Cristo che ci precede: infatti dopo varie e molte tribolazioni per mezzo di lui entreremo nella sua gloria. Ama con tutte le fibre del cuore Dio e Gesù suo Figlio, crocifisso per noi peccatori, e non cada mai dalla tua mente il ricordo di lui; medita continuamente i misteri della croce e i dolori della madre ritta sotto la croce.
Prega e sii vigilante sempre. E l’opera che hai bene incominciato portala a compimento con decisione e il ministero che hai assunto adempilo in santa povertà e sincera umiltà. Non aver paura, o figlia: Dio, fedele in tutte le sue parole e santo in tutte le sue opere, effonderà su di te e sulle tue figlie la sua benedizione e sarà vostro aiuto e ottimo consolatore; egli è nostro redentore ed eterna ricompensa. Preghiamo Dio a vicenda per noi, così, portando il peso della carità l’una dell’altra, adempiremo con dolcezza la legge di Cristo. Amen.